Grazie Balon!!

Con il piccolo banchetto che sembrava una giardinetta in mezzo ad un parcheggio di tir, è andata anche la prima esperienza al Gran Balon!! Come sempre quel posto magico è una garanzia. Una garanzia di atmosfera, di colori, di profumi, di chiacchiere, di bella gente. Grazie a tutti quelli che si sono fermati a guardare le mie strampalate creazioni, grazie a tutti gli amici che sono venuti a trovarmi e ad aiutarmi. Un grazie particolare a Paolo (amico e compagno di scuola fin dalle elementari…) che mi ha regalato una caffettiera gigante con una grandissima storia alle spalle, giuro che ne farò buon uso!!!!

Mi è venuto in mente che tanti anni fa avevo scritto una cosa proprio sul Balon per partecipare ad un concorso della GTT! In tempi non sospetti, ancora sprovvista di cane e di banchetto, amavo già profondamente quel posto. Si intitolava “Sabato”, eccolo qui!

Che strano… non si muove… eppure la luce entra già dalla finestra ed illumina la cucina. C’è il sole, un bel sole, dev’essere sabato!
Chiudo gli occhi e sonnecchio ancora un po’. Poco dopo vengo dolcemente risvegliato dal profumo di caffé, almeno credo si chiami così quella bevanda calda e scura che le piace tanto.
Si, è sicuramente sabato!
La vedo muoversi tra le stanze, com’è carina quando si sveglia contenta… succede solo di sabato.
Entro sbadigliando in cucina con gli occhi ancora stropicciati, mi sorride. E’ tutta indaffarata a prepararsi. Come sempre fa dieci cose alla volta: beve il caffé, entra negli enormi pantaloni e nella minuscola maglietta, cerca di pettinare i suoi capelli arruffati che non riuscirà mai a domare, infila le scarpe e intanto canticchia una melodia allegra che mi ricorda il mare… reggae… così la chiama il suo amico, quello simpatico con le buffe treccione in testa.
Bene, è pronta, si parte!
Scendiamo i quattro piani di questo vecchio palazzo, qualche passo e poi scendiamo ancora, ancora e ancora… che strano posto!
Poco tempo fa mi sembrava più semplice spostarmi in città, ora sono terrorizzato! Le sto accanto quasi senza fiatare.
Porte che si aprono infilando un cartoncino in una fessura, scale che si muovono e ti portano su e giù senza che tu faccia il minimo sforzo se non quello di cercare di rimanere in piedi. E poi la cosa che più mi inquieta: questo serpentone che arriva all’improvviso, senza un autista, senza un volante, un manubrio, un manovratore o un cocchiere… niente!
Ci risucchia e come per magia ci porta in centro città, eppure dal finestrino non sono riuscito a vedere nulla. Fortuna che lei sembra tranquilla, io sono pietrificato! Camminiamo per un po’ lungo le strade del centro ancora deserte ed arriviamo nel punto della città che ci piace di più. Quanta gente, quanti colori, quanti profumi…
Lei adora venire qui e girare tra le bancarelle e tra gli scatoloni stracolmi delle cose più assurde.
Vaghiamo per ore e ore. Passiamo di fronte alla vecchia trattoria dove ama fermarsi la sera a gustare le cose che le ricordano i nonni e la campagna. Il proprietario è un tipo simpatico che saluta prima lei e poi me, sorride e fa qualche battuta.
Ci fermiamo a mangiare un pezzo di focaccia appena sfornata, poi lei si perde nel solito bicchierino di caldissimo tè alla menta.
E via ancora immersi in questo straordinario arcobaleno di gente di tutti i colori…
Dopo pochi passi la sua attenzione viene rapita da una quantità di pietre colorate. L’uomo arrivato da lontano ha uno sguardo gentile e parla con lei pronunciando parole a me sconosciute: quarzo, malachite, ametista, granato…
Lo ascolta affascinata sfiorando delicatamente questi curiosi oggetti e la sua mente vola verso quei paesi caldi e lontani che ogni anno la portano via da me. Lo vedo dai suoi occhi. Pensa ai suoi viaggi, alle emozioni, al sole, ai momenti, alla gente. Ogni giorno è sabato quando viaggia, ogni giorno è lunedì per me che aspetto il suo ritorno. Forse è per questo che ama tanto il Balun. Questo insieme di mondi diversi, di culture, di abiti, di cibi e di colori. Venire qui al sabato è un po’ come andare in vacanza.
Stanchi ma contenti, ora possiamo tornare a casa con il nostro bottino: una vecchia scatola di latta, una cartolina sbiadita, un vestito anni ’70 indossato da chissà chi, una sfera di quarzo rosa e qualche bastoncino d’incenso…
Percorriamo il tragitto all’inverso, qualche passo, di nuovo le scale, lo strano serpentone sotterraneo che ci risucchia un’altra volta, gli scalini di pietra dei quattro piani del nostro palazzo… e finalmente casa!
Si abbandona sul divano, il suo sorriso illumina la stanza e io non posso far altro cha saltarle accanto e addormentarmi con la testa appoggiata sulle sue gambe… e poi la chiamano vita da cani!!”

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